BANG!
Collego il mio bang al mio imprinting.
Parlando in particolar modo di automobilismo ne distinguo le forme in due modalità legate molto al design dell’automobile prettamente italiano.
La prima è la modalità “Ferrari”, ovvero un design fluido che si innamora del vento e accompagna le forme in base a quest’ultimo. Delle forme certamente muscolose ma sempre morbide e gradevoli alla vista.
La seconda modalità è quella “Lamborghini”. Molti appassionati di automobilismo non possono non notare la notevole differenza delle forme di queste due automobili. Lamborghini, infatti, lavora spesso e volentieri partendo dalla forma “a cuneo” presa in considerazione la prima volta per la Lamborghini Countach. Queste forme che sembrano essere dure e che ad un primo impatto sembrano voler fare a botte col vento invece, con un sapiente studio delle forme e del vento, ecco che il risultato diventa molto simile a quello che ottiene Ferrari ammorbidendo le forme.
La prima potrebbe essere vista come un’architettura morbida mentre la seconda è un’architettura molto più dura e spigolosa ma entrambe capaci di essere muscolose.
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BMW Central Building. |
Gli anni dei contesti e dei palinsesti. 1978-1989
Si raccontano gli anni Ottanta che hanno avuto modo di essere ricordati per eventi drammatici e non.
Per l’architettura, il periodo di sperimentazione sembra esser quasi finito e sembra essere giunti ai piedi di un nuovo “Big Bang” con un evoluzione universale della disciplina che inizia a guardare bene lo spazio attorno a se: si inizia a guardare al “contesto”.
Questa parola diveniva importante nel momento in cui si iniziava a vedere la città storica in particolar come Roma, una delle città più stratificate mai viste in precedenza. Gli anni Ottanta sono gli anni dei contesti e proprio a Roma viene svolta una mostra, “Roma interrotta”, che chiama a sé dodici dei migliori architetti in giro per il mondo lasciando però fuori alcuni dei migliori. La mostra in questione diede modo ai dodici di esprimere al meglio una loro rielaborazione di una porzione della mappa di Roma del Nolli del 1748.
Molti diedero sfogo alla fantasia, altri cercarono di progettare delle opere “autobiografiche” cadendo ogni tanto nella monotonia, mentre altri, come Paolo Portoghesi, riuscirono a interpretare meglio la propria area. L’opera di Paolo Portoghesi si basava semplicemente sulla rievocazione delle masse tufacee del Lazio accompagnando il progetto con numerose foto di queste in modo tale da rapportare la sua opera con l’esistente. Inoltre, tale mossa, fa in modo che si possa rappresentare il legame tra la natura e lo spazio urbano.
Altra città che in quel periodo si stava sviluppando era Berlino iniziando dall’IBA, una società di progettazione nata per coordinare quelli che sarebbero stati poi i lavori per l’EXPO di Berlino del 1984, che seppe far fiorire numerose personalità di architetti. Tra questi vi è la figura di Krier che partecipò anche alla mostra “Roma interrotta” e che per l’expo di Berlino progettò basandosi sull’antica impostazione insediativa della città ottocentesca.
Si procede poi andando oltre oceano con il racconto di Peter Eisenman e del personaggio chiuso e sperimentale degli anni Settanta che è stato. In quel periodo Eisenman era molto legato alla psicoanalisi il quale lo portò a progettare anche degli edifici legati a questa materia. Un personaggio che, vivendo un periodo pieno di sperimentazioni, inizia a capire che le figure di "autonomia estetica", "contesto" e "città" si stanno deturpando ed è quindi ancor più legato a nuove sperimentazioni come quelle dei “layer” che per l’appunto si rifanno ad un concetto di architettura stratificata che lui stesso sperimenterà nella biennale di Venezia del 1978 con il progetto di un parco a Cannaregio nel quale va a impostare un lavoro di griglie e giaciture concettuali.
Andando avanti con questa corsa delle sperimentazioni e a questo nuovo concetto di “layer”, arriviamo a conoscere un altro personaggio molto importante: Frank Ghery. Un architetto dal sapore “pop” molto in voga in quel periodo legandosi oltretutto al paesaggio urbano metropolitano che ha riportato all’interno delle sue opere.
Si arriva quindi alla figura di Zaha Hadid che possiamo dire essersi formata in maniera completa proprio in questo periodo. Ed è proprio grazie a lei che si sperimenta un nuovissimo linguaggio che influenzerà i decenni successivi. La sua è un’architettura prettamente industriale e sempre molto legata al movimento frenetico della persona. Inoltre, si instaura sempre alla perfezione all’interno del contesto che sia urbano o naturale negandosi sempre il senso di immobilità ma anzi cercando in qualsiasi modo il movimento.
L'opera presa in analisi: BMW Central Building
Inoltre, il dinamismo di Zaha, ha fatto sì che l’opera rispecchiasse al meglio l’idea della committenza ovvero quella di tradurre l’architettura industriale in un concetto estetico che rispondesse ugualmente a requisiti rappresentativi e funzionali.
La scacchiera.
Al contrario del lavoro che solitamente fa Zaha Hadid, ho voluto individuare delle “fasce di superficie” assimilabili ai movimenti delle sue architetture. In questo caso ne ho individuate quattro che sono movimentate e vanno a creare la forma finale. Dopo aver scalato il tutto ad una scala adeguata per la mia area, ho iniziato a giocare con queste provando a moltiplicarle oltre che muoverle all’interno del mio lotto. Sono quindi andato a individuare alcune forme “comode” per la mia area di progetto che saranno utili sia per quanto riguarda il costruito che per i percorsi.
Il lavoro portato avanti è proseguito di pari passo con l’ideazione di questo percorso espositivo esterno. Questo cerca di girare attorno alla tessitura individuata andando a creare “tangenze” laddove gli incroci sono spezzati.
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